Avete già scoperto come si farà il latte nel futuro? Scoprirlo vi scioccherà

Il latte è la cosa più semplice e genuina di questo mondo, ma secondo una recente scoperta, nel futuro potrebbe cambiare il modo in cui verrà prodotto. Sapete come?

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Cosa c’è di più semplice e genuino del latte? E a chi non piace? Sì sicuramente ci sono quelli che non lo riescono a bere, chi è intollerante o chi non lo digerisce. Sta di fatto però che è parte integrante del nostro stile alimentare, è uno degli elementi primari e indispensabili soprattutto per i bambini, contenuto nella stragrande maggioranza degli alimenti.

Ma se da sempre viene estratto dalle ghiandole mammarie delle femmine dei mammiferi, secondo una recente scoperta, il modo di farlo potrebbe cambiare nel futuro. Sapete come?

Latte, ecco come sarà nel futuro

Stando a quanto scoperto di recente dalla ricerca di Sophie’s Bionutrients, start-up nell’ambito delle nuove tecnologie per l’alimentazione, ci sarebbe un nuovo modo di ‘creare’ il latte. Quindi, un procedimento del tutto nuovo e degli ingredienti completamente rinnovati. Il risultato? Una bevanda che a quanto pare non sarebbe solo un’ottima alternativa a quella vigente. Ma costituirebbe una buona fonte di proteine e un buon risparmio a livello ambientale.

In pratica, la start-up ha scoperto che questa specie di bevanda chiamata in maniera più semplice ‘latte’ potrebbe essere ricavata da farina di microalghe, attraverso un processo molto semplice e del tutto economico. Si tratterebbe di una bevanda proteica come detto e priva di allergeni, che ci sono invece nelle versioni di latte a base vegetale come quella di soia o di frutta secca.

Ma la domanda ora è un’altra: dove si trovano le microalghe? E dove si coltivano?

Non solo latte!

Sempre secondo la ricerca descritta sopra, le microalghe si coltivano in bioreattori, su substrati che derivano da scarti di tipo alimentare. Esempi sono il grano esausto, la polpa di soia, la melassa. Il processo di coltivazione dura circa tre giorni e richiede come spazio uno di 200 metri quadri rispetto ai 140 ettari che servono per una ‘coltivazione di proteine di origine bovina’.

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Ma non è tutto: questa farina ottenuta, grazie al suo elevato valore proteico, si presta come base per diversi alimenti, come anche gli hamburger. E inoltre, investendo su proteine alternative, si riduce il rischio di inquinamento e maggior spreco.

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